Una Traviata simbolica inaugura il 2025 al Teatro Goldoni di Livorno

di Gabriele Isetto



Il Teatro Goldoni di Livorno ha aperto l’anno con la sua nuova produzione de La Traviata, un titolo molto amato dagli appassionati di opera lirica, per la regia di Nicola Fanucchi che è rimasto a modo suo fedele al libretto dell’opera “spogliandolo” di tutto lo sfarzo che però richiederebbe.
Sul podio, a dirigere l’Orchestra del Teatro, gli spettatori hanno potuto ammirare la bacchetta di Mario Menicagli, il quale ha rispettato perfettamente la partitura di Verdi imprimendo un’impronta forte e potente nei momenti salienti dell’opera. Ben riuscita ad esempio la scena del brindisi dove il direttore ha saputo dare il giusto ritmo alla musica.


Buono il coro diretto da Maurizio Preziosi che ha avuto una buon riscontro di applausi, anche se, sicuramente a causa sicuramente di una scelta registica, è risultato un po’troppo statico e mancante di vitalità, cosa che invece in Traviata servirebbe, essendo la trama ricca di passione e sentimento.
Per quanto riguarda il cast, si sono distinti rispetto agli altri: il bravissimo baritono Min Kim che si è rivelato un eccellente Giorgio Germont con un potente registro vocale e Alexandra Grigoras nel ruolo di Violetta che è stata applaudita più volte grazie al suo canto. Nel primo atto un po’ giù di tono  Matteo Falcier (Alfredo) ma che poi si è ripreso alla perfezione tirando fuori la sua voce chiara e calda. Anche gli altri cantanti hanno dato un’ottima prova canora delle loro capacità: Rebeka Pregelj (Floria), Monica Russo (Annina), Didier Pieri (Gastone), Andrea Carcassi (Duphol), Max Tavella (Obigny), Rocco Lia (Grenvil), Ruben Rodriguez (Giuseppe) e Luis Javier Jiménez Garcia (commissario).


Sicuramente azzeccata e convincente la scenografia ideata da Claudia Castriotta, estremamente minimalista ma molto simbolica con al centro del palcoscenico una grande pedana a “spirale” sormontata da un grande fiore bianco, una camelia, che rimanda al romanzo da cui è tratta l’opera: La signora delle Camelie di Dumas figlio. Questo fiore è appunto usato dalla protagonista per indicare la propria disponibilità per gli incontri amorosi. Inoltre, nel primo atto, a simboleggiare la vita dissoluta di Violetta è proiettato il dipinto Nudo sdraiato (1917) di Amedeo Modigliani, il “traviato” di Livorno.
Azzeccati e più che convincenti i meravigliosi costumi della Fondazione Cerratelli che hanno contribuito a dare a quest’opera un tocco di eleganza.
Nel complesso uno spettacolo che merita la sufficienza che ha fatto diffondere per la sala del teatro le meravigliose musiche di Giuseppe Verdi.
 
Le foto a corredo dell’articolo sono di © Augusto Bizzi

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