I miei racconti: Mare piatto
di Gabriele Isetto
MARE
PIATTO
Gabriele Isetto
Il ragazzo, che non arrivava a trent’anni, stava osservando l’oceano. Com’èra bello il respiro del mare, lì avrebbe trovato la pace. Tra pochi istanti si sarebbe immerso sotto quelle coperte fatte di onde per non uscirne più.
Si stava massaggiando il suo ultimo tatuaggio, un semplicissimo nome: Giada. Passarono dieci lunghissimi minuti in cui osservò tutti gli altri disegni che aveva sul corpo come se stesse per dirgli addio.
E pianse.
Allora si decise a fare quello che da qualche settimana aveva deciso.
Doveva farla finita.
La vita gli andava male: la ragazza lo aveva lasciato da una settimana per colui che considerava il suo migliore amico, era stato licenziato dal lavoro perché era l’ultimo dipendente arrivato in ditta. Inoltre aveva dei piccolissimi problemi di salute che lui però considerava più grandi di quello che erano in realtà.
Piegò accuratamente i suoi abiti, simbolo della vita terrena, e poi si calò senza fretta in acqua. Prima immerse il piede destro, poi quello sinistro. Camminò molto lentamente verso il largo.
Stava sentendo già che i piedi non toccavano più la sabbia del mare.
Dopo altri dieci lunghi minuti il mare tornò ad essere piatto e calmo.
Se qualcuno fosse passato di lì in quel momento non avrebbe visto nessuno.
Il ragazzo si era addormentato.