Un ballo in maschera: le scenografie ritrovate
di Gabriele Isetto
Le foto di scena a corredo dell’articolo sono di © Roberto Ricci
Nel
mese di gennaio 2019 al Teatro Regio di Parma è andata in scena una delle opere
più famose di Giuseppe Verdi: Un ballo in
maschera. La grande particolarità di questa nuova produzione, con la regia
di Marina Bianchi, sta nel fatto che sono state utilizzate le scenografie
(riscoperte in un deposito del Teatro) create da Giuseppe Carmignani per l’allestimento del 1913 in occasione del primo
centenario verdiano.
Andiamo
ora a vedere nel dettaglio come erano e come sono state riscoperte e restaurate
queste scenografie dipinte su carta, utilizzate per la stagione 2019 dallo
scenografo Rinaldo Rinaldi, coadiuvato da Leila Fteta. Tutte le informazioni
tecniche riportare in questo articolo sono state ricavate dai pannelli della
mostra documentaria Nelle felici stanze.
Le scene ritrovate di Un ballo in maschera, che si è tenuta per tutto il
periodo dell’allestimento dello spettacolo.
Poiché
non tutti hanno avuto la fortuna di poter assistere allo spettacolo o di visitare
la mostra, ripropongo quindi fedelmente i punti essenziali di ciò che
riportavano i pannelli esplicativi, curati da Giuseppe Martini, relativi alle
scenografie riscoperte.
Per
l’edizione del 1913 Carmignani, ideò «un impatto di grande efficacia basato su
una sicura impostazione architettonica e sul suo stile che legava il gusto per
il chiaroscuro alla capacità di restituire gli spazi con l’aiuto della luce, e
che oggi è destinato ad apparire nuovo e quasi esotico agli occhi di un
pubblico abituato da anni nel teatro d’opera a differenti soluzioni visive.».
La
prima scena del primo atto è ambientata nella sala del palazzo di Riccardo e «fu
realizzata da Carmignani grazie a un principale
che rappresentava un portico transennato in basso, dietro il quale si
scorgeva un altro ambiente e più oltre si apriva un giardino, da cui proveniva
l’illuminazione.».
Atto I, scena I |
La
seconda scena si svolge invece nell’abituro dell’indovina Ulrica, «che
rappresenta un’ampolla accanto a un traliccio parzialmente coperto da un panno blu,
cioè gli “stromenti ed arredi analoghi al luogo” pendenti dalle pareti a cui si
riferisce la didascalia del libretto.».
Atto I, scena II |
L’azione
del secondo atto si svolge in un campo solitario nei dintorni di Boston,
peccato però che di questa scenografia non si abbiano notizie. Lo scenario
dipinto rappresenta delle montagne piuttosto tenebrose avvolte da un cupo cielo,
quasi a simboleggiare l’arrivo della tragedia finale con cui si chiuderà
l’opera.
Atto II |
Il
terzo atto sia apre nello studio di Renato. «Nelle “Disposizioni sceniche”
fatte preparare da Verdi nel 1859 per l’allestimento romano di debutto (Roma,
Teatro Apollo, 17 febbraio 1859) l’ambiente era visto in prospettiva centrale,
con il ritratto e il caminetto sulla stessa parete frontale rispetto allo
spettatore, e due porte laterali praticabili. Carmignani sceglie invece,
secondo il gusto di inizio Novecento, di offrire una prospettiva di scorcio
(“in angolo”), così sistemando ritratto e caminetto su due pareti diverse, e di
usare una sola porta per far entrare e uscire i personaggi (quella di sinistra
rimaneva chiusa).».
Atto III, scena I |
La
seconda scena che si svolge nel gabinetto del conte probabilmente è andata
perduta, ed è stata scelta una semplice ma buona soluzione registica: quella di
disporre due colonne laterali e un fondale completamente scuro. Unico elemento
di scena lo scrittoio di Riccardo.
Come
detto per il secondo atto, anche per la terza scena del terzo atto non abbiamo
notizie. Nella vasta e ricca sala da ballo dove si svolge la festa, prevalgono
il giallo, l’oro e il marrone. L’occhio dello spettatore è attirato dalla
grande vetrata azzurra (sempre dipinta) sul fondale. La scena è veramente
sontuosa, ad indicare lo sfarzo delle corti del XVII secolo, periodo in cui si
svolge l’azione.
Atto III, scena III |
Le foto di scena a corredo dell’articolo sono di © Roberto Ricci