Intervista a Marco Stabile
di Gabriele Isetto
Al
Teatro Nuovo di Milano è in scena fino al 6 gennaio 2019 il nuovo musical di
Claudio Insegno, Kinky Boots, basato
sul film omonimo diretto da Julian Jarrold. In questa occasione il protagonista
Marco Stabile mi ha gentilmente concesso un’intervista.
Il musical rispecchia la trama del
film oppure differisce in qualcosa?
In
realtà il musical è molto fedele a quella che è la storia del film, in
particolare anche la regia di Claudio Insegno è voluta essere il più vicino
possibile al film del 2005. Alcune differenze ci sono soprattutto per alcuni
personaggi, ad esempio il personaggio di Lauren è piuttosto differente da
quello del film però ha una dimensione congrua in questo insieme teatrale, che
secondo me è molto congeniale. È molto simile al film, ma abbiamo
l’arricchimento delle musiche di Cyndi Lauper che raccontano la storia.
Siccome si parla di
moda secondo te qual è il rapporto tra il mondo del musical e la moda?
A
mio parere è un rapporto un po’ particolare perché sicuramente il musical è
influenzato dalla moda però non è un rapporto così scontato, infatti la
tematica di Kinky Boots è originale
anche per questo perché parte dalla storia di un giovane ereditiere che deve in
qualche modo riformulare i prodotti della propria fabbrica per vendere e incontra
una nicchia di mercato molto particolare che è appunto quella delle drag queen.
In generale a me piacerebbe che il mondo del musical influenzasse molto di più
il mondo della moda. Secondo me è un rapporto in evoluzione, tra qualche tempo
sarà molto più evidente questa sinergia. In particolare nel nostro musical
abbiamo i costumi di Lella Diaz che sono una parte fondamentale dello show,
infatti tutto il pubblico aspetta il finale dello spettacolo in cui c’è questa
famosa sfilata a Milano e Lella Diaz ha dato prova di una grande inventiva e
gusto perché i costumi sono davvero spettacolari.
Secondo te perché in
questo periodo ha così tanto successo il mondo delle drag queen?
Secondo
me non è tanto il successo del concetto di drag queen, ma fondamentalmente
funziona molto la tematica della libertà individuale. Le persone hanno voglia
di esprimere se stessi nel miglior modo possibile che hanno, dobbiamo essere
tutti assolutamente liberi di esprimere la nostra natura a nostro piacimento.
Io sono il primo a non credere in nessun tipo di categoria, anzi penso che a
volte le definizioni tendono a separare gli esseri umani anziché avvicinarli.
In particolare voglio sottolineare il fatto che spesso a fine spettacolo il
pubblico non concepisce il fatto che le Angels e la stessa Lola siano in realtà
degli attori dotati di una professionalità artistica che sanno cantare,
recitare e ballare e che sono state scritturate per interpretare il ruolo di
alcune drag queen, infatti molto spesso pensano che siano drag queen anche
nella vita. I miei colleghi sono davvero tanto tanto bravi nel fare il lavoro
per cui sono stati scritturati, però in realtà sono due concetti totalmente
differenti: da un lato degli attori e dall’altro delle drag queen che fanno un
lavoro differente. Comunque sicuramente il fatto di vedere un uomo che magari
ha le parvenze di una donna, ha quel tasso di curiosità che desta l’interesse
delle persone per motivi diversi: chi semplicemente è attratto dalle drag
queen, chi perché trova molto strano e a volte un po’ paradossale che un uomo
vestito da donna possa sembrare davvero una donna e chi perché semplicemente è
affascinato da tutta la costruzione del personaggio.
Dei tanti musical a cui
hai partecipato a quale sei più legato e perché?
Sono
legato particolarmente a Jersey Boys semplicemente
perché mi ha dato l’opportunità di recitare in francese all’estero al Theatre Le Palace di Parigi ed è stata
l’esperienza bohemien più bella della
mia vita da questo punto di vista perché è stato un sogno che si realizza e poi
sono affezionato a questo personaggio negativo che non trova mai redenzione che
è appunto Tommy DeVito. Un’altra esperienza che mi porto dentro e che mi ha
formato fortemente è stata la collaborazione con Renato Zero in Zerowskij in cui interpretavo il
personaggio dell’Odio ed è stata un’esperienza unica perché oltre a fare il sould out nei luoghi più belli d’Italia,
dal Teatro Antico di Taormina all’Arena di Verona, è un’esperienza che mi ha
portato ad essere presente nel disco di Renato Zero in cui canto due brani
tratti da Zerowskij e successivamente
è stato campione d’incassi al cinema, quindi è stato un’incontro tra le varie
forme di spettacolo.
Quali sono il libro e
la canzone che porteresti con te su un’isola deserta?
Porterei L’Alchimista
di Paulo Coelho perché ha una visione un po’ simile alla mia, mi piace
pensare che tutte le cose della vita siano collegate da un sottile filo
trasparente che magari noi non vediamo ma in realtà esiste. In questa maniera
mi sento in un certo senso sia protetto che pieno di fiducia, perciò quello che
è il mio percorso. Le canzoni che porterei con me sono tante, dovessi
sceglierne solamente una, porterei Imagine
di John Lennon perché è una canzone figlia della libertà, che non ha tempo,
che ha il sapore dell’eternità e che secondo me sottolinea quella che è la
caratteristica più importante degli esseri umani: la libertà di poter
immaginare la propria vita come la si desidera.